Primo Maggio: Chicago 1886, l'atmosfera

25/04/10

25/04/10


Prima parte, terza parte, quarta parte

E venne il fatidico Primo Maggio 1986. A descrivere i fatti sono le parole di Richard Boyer ed Herbert Morais, tratte da "Storia del movimento operaio americano", del 1955.

A Chicago 80 mila operai non erano andati in fabbrica e la maggior parte, disse Spies, agitando eccitato le braccia, stavano lì attendendo che il corteo si muovesse. Come se avesse un presentimento gli segnalò poi alcune frasi di un editoriale del Mail:

"Circolano liberamente in questa città due pericolosi ruffiani; due vigliacchi di imboscati che cercano di creare disordini. Uno si chiama Parsons, l'altro Spies... Segnateli per oggi. Teneteli d'occhio. Considerateli personalmente responsabili se accadesse qualche disordine. E se ciò si verificasse, che servano da esempio."

Il corteo si mosse e migliaia di persone incominciarono a sfilare; ognuno aveva dentro di sé, mentre marciava, un'ondata di emozioni dovuta allo spettacolo eccitante e gaia solidarietà. I ragazzi lasciavano ogni tanto i loro genitori e correvano avanti. Le persone ridevano esultanti, guardando indietro la marea in marcia, simbolo visibile della forza dei lavoratori uniti. In quella massa che sembrava non dovesse mai finire c'erano Cavalieri del Lavoro e membri dell'American Federation of Labor, boemi, tedeschi, polacchi, russi, irlandesi, italiani, negri, cowboy che ora lavoravano in città. C'erano insieme cattolici, protestanti ed ebrei, anarchici e repubblicani, comunisti e democratici, socialisti, sostenitori dell'imposta unica, e persone semplici, tutti uniti e fermamente decisi per la giornata di otto ore.

Parsons marciava vicino alla testa del corteo, tenendo per mano sua moglie; sua figlia Lulù di sette anni stava vicino al padre e Albert di otto vicino alla madre. Il corteo svoltò sul lungolago, fermandosi per i discorsi in inglese, boemo, tedesco e polacco. [...]

Pronta ad uno scontro decisivo, Chicago si sentì un po' ingannata ritrovandosi in pace. Il giorno dopo, domenica, Parsons partì per Cincinnati per tenervi un comizio. Lunedì lo sciopero dilagò e diverse migliaia di lavoratori di Chicago ottennero la giornata di otto ore, mentre, dal suo canto, il Comitato civico cominciò a dire che bisognava fare qualcosa.


La polizia, esasperata, dopo tanti preparativi, dalla futilità del Primo Maggio, scaricò la tensione accumulata scagliandosi contro i dipendenti della McCormick Harvester Works in lotta contro una serrata, quando questi si scagliarono contro 300 crumiri. All'orario di uscita un gran numero di dipendenti sospesi dall'azienda aspettavano i crumiri quando la polizia li caricò improvvisamente, pistole in pugno. Essi cominciarono a indietreggiare quando la polizia, secondo un testimone, "aprì il fuoco colpendoli alle spalle. Ragazzi e uomini furono uccisi mentre correvano". I morti furono sei. Spies che stava parlando poco distante ad una riunione di lavoratori del legno, vide il massacro; dopo che ne ebbe riferito ai suoi colleghi, si decise di tenere la sera dopo ad Haymarket Square una manifestazione di protesta contro le violenze della polizia.

Parsons era ritornato da Cincinnati ancora su di giri per le notizie che davano migliaia di lavoratori in tutto il paese vittoriosi per le otto ore. [...] La folla era troppo numerosa per Haymarket Square e Spies, che era giunto per primo, aveva spinto un carro vuoto per farne la tribuna per gli oratori, un mezzo isolato più in giù, nell'angolo di una strada a ciottoli. Vicino c'era la stazione di polizia di Desplaines Street, comandata dal capitano John "Manganello" Bonfield e lì, all'insaputa di Spies, erano stati mobilitati 180 poliziotti pronti a muoversi se si fosse presentata un'occasione. Spies non sapeva nemmeno che tra la folla c'era il sindaco, Carter Harrison.

Spies stava parlando quando vide venire Parsons con la moglie e i figli. Fu riconosciuto dalla folla e fu applaudito. Dopo aver sistemato sua moglie e i suoi bambini su un altro carro vuoto, Parsons si avvicinò all'improvvisata tribuna, vi si issò e prese a parlare. "Non sono qui per incitare nessuno", disse, "ma per parlare dei fatti così come sono". Il sindaco di Chicago si allontanò dalla piazza e andò alla vicina stazione di polizia dove disse al capitano Bonfield che il comizio era tranquillo e che i poliziotti che erano stati mobilitati potevano essere allontanati e rinviati ai loro normali incarichi.

Parsons finì di parlare alle dieci. [...] La folla cominciò a defluire. Stava parlando Sam Fielden, ma Parsons prese la moglie e i figli e, con altri, si fermò al locale all'angolo, Zepf's. Presto incominciarono a ridere e a raccontare storie davanti a boccali di birra, mentre fuori Fielden, oratore mediocre, si affaticava davanti ad un uditorio in costante diminuzione.

"È un fatto", stava dicendo "che non abbiamo controllo alcuno sulle nostre vite, che altri dettano condizioni della nostra esistenza, che..."