Lo sterminio dei microbi

26/09/10

26/09/10


Le sette sorelle

Tra le numerose malattie che più o meno affliggono la nostra specie da secoli, ve ne sono alcune che in passato hanno fatto danni inimmaginabili: peste, vaiolo, colera, morbillo, malaria, tubercolosi e influenza. E' anche grazie alla scienza che oggi queste malattie sono limitate in alcune zone del pianeta oppure sono curabili. E' invece a causa del sistema produttivo in cui ancora viviamo, che queste "sette sorelle" non vengono debellate anche in quelle regioni.

Queste affezioni sono un dono (non gradito) che ci hanno fatto i nostri animali domestici: dai buoi ai suini, dai cani ai polli. In essi possiamo osservare agenti patogeni molto simili a quelli che poi sono diventati propri dell'uomo.


Mamma agricoltura

La nascita di queste infezioni la dobbiamo all'agricoltura, il primo grande balzo in avanti dell'umanità; ecco le cause principali che hanno favorito il loro exploit:

  • la sedentarietà ha aumentato di molto la densità abitativa rispetto a quella del nomadismo dei cacciatori-raccoglitori
  • gli escrementi (terreno fertile per la crescita dei microrganismi) rimangono nei pressi del villaggio e spesso vengono utilizzati per la concimazione; i nomadi, invece, lasciavano i loro rifiuti nelle zone che abbandonavano man mano
  • l'acqua stagnante dovuta all'irrigazione dei campi è l'habitat perfetto per insetti e parassiti acquatici

Più la concentrazione di abitanti aumentava, più i germi si diffondevano: è infatti con lo sviluppo delle città, scarse dal punto di vista igienico, e con la scoperta di rotte commerciali, che le malattie infettive colpivano più a lungo. Il vaiolo uccise milioni di romani verso il 200 e.V., mentre la peste fece la sua comparsa trecento anni dopo, prima della grande distruzione nel Basso Medioevo, causata questa dall'importazione di pellicce cinesi infestate da pulci.


Dall'animale all'uomo

Gli animali domestici in particolare, ed anche quelli selvatici, a partire dal passato, ci hanno fatto dono dei loro microbi. Non tutti i germi però sono riusciti ad intaccare le nostre difese: è grazie alla selezione naturale che solo alcuni di essi hanno infettato l'uomo. Questi patogeni, però, hanno delle fasi evolutive.


Nel primo stadio passano raramente dal singolo animale al singolo uomo e non si trasmettono tra esseri umani.

Nel secondo stadio evolutivo, il microbo passa da uomo a uomo causando un'unica epidemia di breve durata, o perché si trova una cura, oppure perché gli infettati muoiono o sviluppano immunità. E' il caso della letale "malattia del riso", il kuru, che comparve in Nuova Guinea: col cannibalismo si trasmetteva all'uomo e nel 1959 il governo australiano combatté duramente l'antropofagia, finché la malattia scomparve.

Lo stadio successivo vede quelle malattie che sono già diffuse nell'uomo e che in futuro potrebbero causare epidemie letali.

L'ultima fase vede protagoniste le malattie epidemiche, ossia quelle che colpiscono un numero superiore di individui rispetto alle previsioni.

Il fattore di fondo che permette ad un germe di adattarsi a nuovi ospiti e condizioni ambientali risiede nelle sue mutazioni genetiche: solo così, ad esempio, la Rickettsia prowazekii, il batterio che causa il tifo esantematico (o petecchiale), ha potuto evolversi nel suo attacco all'uomo passando dalle pulci dei ratti ai pidocchi ed oggi, specialmente negli USA, agli scoiattoli volanti.


Quei simpatici coniglietti

Un altro esempio, il più studiato dagli scienziati, è quello della myxomatosi, una malattia originaria dei conigli selvatici brasiliani ma con altissima mortalità nei conigli domestici europei. Nel 1859 il cacciatore Sir Thomas Austin importò in Australia 24 conigli europei che, nel giro di 60 anni, arrivarono a 10 miliardi.

Esemplare di Oryctolagus cuniculus, il coniglio europeo

Questi astuti roditori divennero il più grande problema dell'isola in quanto devastavano le campagne ed i raccolti agricoli: si stima che il 12% circa delle specie australiane siano scomparse nel giro di un secolo proprio a causa della presenza di questo "simpatico" animale. Nel 1950 si decise quindi di importare il myxovirus ed infettare quanti più conigli possibili. Il risultato fu eccellente il primo anno, che vedeva un tasso di mortalità degli infetti del 99,8%. L'anno successivo questo tasso calò al 90% per arrivare a stabilizzarsi poi intorno al 25%.

Il virus era mutato. Il metodo migliore per sopravvivere non era quello di sterminare i propri ospiti, i conigli, ma quello di uccidere meno individui e farli vivere più a lungo per poter quindi infettarne sempre di più. Per ciò che riguarda la nostra specie, un esempio simile è quello della sifilide che alla fine del 1400 era mortale nel giro di pochi mesi: cinquant'anni dopo, invece, il batterio Spirocheta pallida cominciò a mantenere in vita più a lungo il proprio ospite, assicurandosi così un maggior contagio verso altri individui. Oggi, se non si cura, la morte sopraggiunge dopo anni.


Conquistadores e microbi

La storia che conosciamo è piena di aneddoti curiosi ed esemplari. Uno fra tutti che ci fa capire quanto le malattie siano molto più pericolose delle armi, riguarda la cosiddetta "conquista del Nuovo Mondo". Nel 1519 lo spagnolo Hernán Cortés, alla testa di cinquecento uomini, sbarcò in Messico con l'obiettivo di sottomettere l'impero azteco. Una prima avanzata verso la capitale Tenochtitlán vide gli spagnoli perdere circa 350 uomini, con protagoniste le armi. Il secondo attacco vide invece al centro del campo di battaglia il vaiolo, portato proprio dai conquistadores tramite uno schiavo cubano infetto. La metà della popolazione azteca morì contagiata, ed in minima parte uccisa anche dalle armi spagnole. Si stima che nel secolo successivo gli abitanti del Messico passarono da 20 milioni a poco più di un milione e mezzo.

Anche in Perù Pizarro si ritrovò fortunato nella sua opera si sterminio degli indigeni nel 1531: gli inca erano stati decimati dal vaiolo giuntovi da nord cinque anni prima.

Sorte peggiore toccò agli indiani che abitavano la regione del Mississippi nel 1540. Hernando de Soto trovò villaggi abbandonati e pieni di morti e non dovette nemmeno impugnare le armi per la conquista.

Viceversa, non troviamo infezioni provenienti dalle giovani ed isolate popolazioni del "Nuovo Mondo" e il motivo non potrebbe che essere uno solo: la bassa presenza di animali domestici. In Messico il tacchino, in Sud America il lama e l'anatra muschiata, ed i cani un po' dappertutto.

Oltre ad avere il vantaggio economico, militare e tecnologico, gli europei ("conquistatori del mondo", non dimentichiamocelo) ebbero dalla loro i germi, il nemico più temuto fino agli stermini imperialistici delle due Guerre Mondiali.