La Rivoluzione d'Ottobre: dal 1914 al 1917

24/10/11

24/10/11


Prima parte, terza parte, quarta parte

Guerra alla guerra

Con l'entrata in guerra della Russia riprendono gli scioperi e le repressioni contro i lavoratori: a novembre i cinque deputati bolscevichi alla Duma (Badaiev, Muranov, Petrovski, Samoilov, Sciagov) che avevano votato contro i crediti di guerra allo zar Nicola II, vengono tratti in arresto insieme a Lev Borisovic Kamenev, rei di aver avallato la politica leninista di opposizione alla guerra. In seguito vengono processati e deportati in Siberia fino alla loro liberazione avvenuta dopo il febbraio del 1917.

In merito all'atteggiamento assunto dai socialdemocratici tedeschi e dai socialisti francesi nella votazione per l'entrata in guerra, scrive Lenin il 31 ottobre 1914: "[...] la II Internazionale è definitivamente morta. La hanno uccisa gli opportunisti. [...] Oggi il nostro compito è lottare senza quartiere contro lo sciovinismo [NdA: patriottismo estremo] specialmente lo "sciovinismo socialista" di Plechanov, Guesde, Kautsky [NdA: filosofi "marxisti" antagonisti della Rivoluzione del 1917, nonché sostenitori della guerra imperialista]. [...] Poiché sosteniamo la rivoluzione (borghese in Russia e socialista in Occidente), la predichiamo anche in guerra. [...] In ogni Paese bisogna anzitutto lottare contro lo sciovinismo di quel Paese, suscitare l'odio verso il proprio governo, fare appelli (ripetuti, insistenti [...]) alla solidarietà tra gli operai dei Paesi belligeranti, alla loro comune guerra civile contro la borghesia [...] la parola d'ordine della pace è ora assurda". Aggiunge il 28 novembre dello stesso anno: "Il lavoro del nostro partito adesso è diventato cento volte più difficile. Nondimeno continueremo a svolgerlo".

Nel 1914 Lenin affronta la battaglia internazionalista contro la guerra, i menscevichi ed i socialisti con un manipolo di uomini, come testimonia in Lenin, nel 1923, Grigorij Evseevic Zinov'ev, che inizialmente si oppose assieme a Kamenev alla Rivoluzione: "Solo un pugno di uomini guidati da Lenin si levò, fin dal primo momento, contro la guerra, e iniziò la lotta contro la Seconda Internazionale. Quest'ultima rappresentava allora una forza enorme e contava nelle sue file 25 milioni di operai organizzati. Lenin dovette assumere la direzione della lotta contro la guerra e contro il menscevismo internazionale [NdA: i menscevichi si distinguono dai bolscevichi fin dal 1903 perché seguono la posizione di Julij Martov sul modo flessibile e aperto di militanza nel Partito, a differenza della concezione leninista che vedeva il militante professionista essere a disposizione del Partito] che sosteneva la borghesia mondiale. Fu una lotta epica che ebbe una importanza storica immensa per la sorte della classe operaia. Durante la guerra Lenin fu il solo capo che difese sino in fondo la posizione internazionalista".


In Germania gli unici oppositori alla guerra sono gli spartachisti di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg (assassinati dalla socialdemocrazia nel 1919), che l'anno successivo aver votato contro i crediti di guerra tenteranno di smuovere le coscienze del proletariato spiegando che "il nemico principale si trova nel proprio Paese".


Scioperi e traditori

I processi e la deportazione del gruppo parlamentare dei bolscevichi avvenuti nel febbraio 1915 furono un duro colpo per l'internazionalismo, il quale perdeva, seppur momentaneamente, alcuni tra i suoi esponenti di spicco. Già nell'estate precedente ci furono repressioni verso il Comitato del POSDR (Partito Operaio Social-Democratico Russo, diviso in bolscevichi e menscevichi) ed i sostenitori del partito. Queste repressioni continuarono anche in gennaio, durante la giornata della donna del 23 febbraio e alla vigilia del Primo Maggio.

Nel febbraio del '15 i lavoratori che partecipano agli scioperi politici in Russia sono solamente 3500 ed in marzo 5000 (saranno 156 mila in tutto l'anno, mentre la partecipazione agli scioperi economici conterà 384 mila lavoratori).

Il 26 aprile l'Italia firma il Patto di Londra con la Triplice Intesa (Gran Bretagna, Francia e Russia) in cui si impegna ad armarsi in cambio di futuri territori africani. Dopo un mese dichiara la propria ostilità all'impero austro-ungarico, mentre ad agosto è la volta della dichiarazione di guerra alla Turchia ed in ottobre alla Bulgaria. In Italia, nonostante il divieto di sciopero, la giornata del Primo Maggio 1915 vede migliaia di operai schierarsi contro la guerra in varie piazze, prime fra tutte quelle di Milano e Torino, ma le successive manifestazioni interventiste raccolgono un elevato consenso e gettano nell'ombra il Primo Maggio internazionalista. Intanto il Partito Socialista Italiano sta a guardare senza essere né a favore né contrario all'entrata in guerra.

24 maggio 1915
Prima pagina del quotidiano di Mussolini

Mentre l'impero britannico vieta ogni corteo del Primo Maggio, ed in Francia gli oppositori all'intervento armato sono ben pochi, in Brasile nasce il Comitato internazionale contro la guerra grazie ad alcuni anarchici, socialisti e a due sindacati. In Germania, invece, la socialdemocrazia cerca di non fare scioperare i lavoratori affinché lo sforzo bellico non venga indebolito.

A settembre dello stesso anno, in Svizzera, ha luogo la Conferenza di Zimmerwald in cui partecipano i rappresentanti socialisti di mezza Europa, tra cui i bolscevichi, i menscevichi ed i socialisti rivoluzionari. Le parole d'ordine della Conferenza sono di neutralità verso il conflitto, mentre la minoranza (detta "sinistra di Zimmerwald") con a capo Lenin è chiara: "bisogna trasformare la guerra imperialista in guerra civile".


Verso la Rivoluzione

È il primo giorno del 1916 e Rosa Luxemburg nelle sue tesi parla del fallimento della II Internazionale: "In considerazione del tradimento, da parte delle rappresentanze ufficiali dei partiti socialisti dei principali Paesi, degli scopi e degli interessi della classe operaia, visto che esse hanno deviato dal terreno dell'Internazionale proletaria al terreno della politica borghese-imperialistica, è una necessità vitale per il socialismo costruire una nuova Internazionale dei lavoratori, che guidi e unifichi la lotta di classe rivoluzionaria contro l'imperialismo in tutti i Paesi".

L'avvio della battaglia di Verdun, combattuta dall'impero germanico allo scopo di dilaniare l'esercito francese, sancisce non solo la fine dell'inverno, ma anche l'inizio del declino della prospettiva tedesca. I morti si conteranno a centinaia di migliaia sulle due sponde del fiume Mosa in dieci mesi di combattimenti.

Fort Douaumont (Verdun), 1916
Vista aerea di uno dei 19 forti difensivi prima e dopo i bombardamenti tedeschi

Come tutte le guerre, anche questa ha bisogno dei suoi condimenti ideologici da propinare agli uomini dei vari Paesi. In Italia il Corriere della Sera si fa baluardo della falsa informazione di guerra. Ci arriva anche il socialdemocratico Otto Bauer: "Parleranno di Trento e Trieste e parleranno dell'Albania. [...] Così alle masse della nazione italiana si riuscirà a presentare una guerra imperialista come una guerra per la libertà nazionale". Otto Bauer ci dimostra che la propaganda non serve solo a convincere la popolazione civile della "giustezza" di una guerra e dei sacrifici richiesti, né solamente ad alzare il morale delle truppe al fronte: la propaganda può servire anche di contrasto a quella nemica. Egli, però, fin dal 1914 si era arruolato nell'esercito austriaco, ma se ne guardava bene di combattere la propria propaganda ed il proprio governo.

Il 1916 è un anno di profonda crisi alimentare per la Russia, nonostante l'abbondanza delle derrate. Ci furono forti scontri tra i proprietari terrieri e la grande borghesia incentrati su salari e prezzo del grano, che continuava ad aumentare grazie anche al blocco delle esportazioni fuori dalla Russia. Appena prima della guerra 1 kg di farina costava 10 copechi (0.1 rubli) e nel 1915 salì a 20 copechi. Il salario medio di un operaio metallurgico si aggirava intorno ai 2 rubli al giorno, ma c'erano operai che guadagnavano 80 copechi, ossia 25-30 rubli al mese.

La borghesia, a cui i menscevichi facevano eco, si lamentava presso i palazzi di governo affinché venisse risolto il problema della crisi alimentare, ma nulla veniva sollevato contro il conflitto mondiale. Intanto i bolscevichi lavoravano nelle fabbriche aumentando i consensi attorno all'esigenza del superamento dell'autocrazia come premessa per la fine della guerra imperialista. La classe del grande capitale quindi, appoggiata da ogni partito a parte quello bolscevico, non aveva alcuna intenzione di abbattere la monarchia inizialmente, la quale, timorosa di perdere il potere, era anche disposta a scendere a patti con la nemica Germania tradendo gli alleati dell'Intesa.

Nell'autunno dello stesso anno, però, tutto il blocco progressista, visto l'insuccesso degli accordi con lo zar, meditava un colpo di Stato per scongiurare la probabile rivoluzione. Ci provano a salvare la monarchia, ma l'unica cosa che riescono a fare non è colpire i Romanov, ma il monaco ciarlatano Grigorij Efimovic Rasputin, consigliere intimo della zarina Aleksandra Fëdorovna, nonché responsabile delle continue nomine e sostituzioni degli incapaci ministri di governo. Rasputin viene assassinato dal nobile Feliks Feliksovic Jusupov il 17 dicembre 1916 in quella che è definita una "congiura di palazzo". Scrive Vladimir Ivanovic Nevskij (dirigente del Comitato Militare Rivoluzionario durante l'Ottobre ed assassinato dallo stalinismo nel 1937), nel suo libro Storia del Partito bolscevico, 1925: "[...] l'uccisione di Rasputin nel 1916 costituì l'inquietante segnale del degrado raggiunto dalle cerchie dominanti e dei minacciosi eventi che si affacciavano all'orizzonte, che iniziarono a partire dal febbraio del 1917".