La guerra in Afghanistan (1979)

03/12/11

03/12/11


È una montagna, l'Afghanistan. Uno di quei posti dove, se ci vai, parli soprattutto con le pietre e con il vento nevoso.

Storicamente crocevia di due grandi direttrici, la "via della seta" che andava dal Mediterraneo e dal Golfo Persico verso la Cina, e la via che collega Europa e Russia all'India, attraverso il famoso Khyber Pass, l'Afghanistan è chiamato "la montagna di lapislazzuli". Fino al 1999 il papavero da oppio afghano regnava per il 75% sulla produzione mondiale ed internamente su tutte le altre produzioni agricole come frutta, cereali, cotone e lana.

I suoi 30 milioni di abitanti (erano 27 milioni nel 2001), per larga parte contadini, che vivono su un territorio vasto il doppio di quello italiano, sono divisi nelle seguenti etnie tribali: aimak, beluci, brahul, hazara (19%), kirghizi, nuristani, pashtun (38%), qizilbash, tagiki (25%), turkmeni, uzbeki (6%).


Breve storia

Le prime tribù a stabilirsi ai piedi dell'Hindu Kush furono quelle ariane nel II millennio p.e.V., mentre i successivi popoli ed i conquistatori che transitarono e si fermarono per brevi e lunghi periodi in questa terra sono:

  • persiani di Ciro il Grande nel VI secolo p.e.V.
  • Alessandro Magno nel IV secolo p.e.V.
  • sciti nel II secolo p.e.V.
  • persiani della dinastia dei sasanidi del re Shapur nel III secolo e.V.
  • arabi (che avviano l'islamizzazione del Paese) nel VII secolo e.V.
  • turchi-musulmani nel X secolo e.V.
  • sultanato di Delhi nel XII secolo e.V.
  • Genghis Khan nel 1219
  • Tamerlano nel 1369
  • Mogul e safavidi ad inizio del Cinquecento
  • persiani musulmano-sciiti dello Shah Nader nel XVIII secolo e.V.

Ahmad Khan Abdali, divenuto poi Ahmad Shah Durrani, è a capo della ribellione del 1747 contro i persiani di Nader e fonda il Regno dell'Afghanistan. Da questo momento, passando per la dinastia Barakzày che parte dal 1826, inizia una fase di lotte interne che sono conseguenza dello scontro tra le diverse etnie regionali: Kabul, Peshawar, Herat e Kandahar.


All'inizio dell'Ottocento i sikh di Rangit Singh invasero il Paese ed occuparono la zona orientale, quella di Peshawar (che attualmente fa parte del confinante Pakistan). È proprio in quella zona che si stabiliscono gli inglesi durante la conquista indiana. Nel 1839 la Gran Bretagna, per garantirsi la tranquillità strategica nella fase di progressivo controllo della penisola indiana, armò una spedizione militare che occupò Kabul. Questa mossa mirava a scoraggiare l'espansionismo zarista russo, che altrimenti avrebbe avuto facile accesso all'India. Due anni dopo gli afghani si ribellano e massacrano gli occupanti, così, nel 1842, una spedizione punitivo-dimostrativa inglese massacrò decine di migliaia di afghani.

Nel 1878 la Gran Bretagna torna a Kabul, sempre preoccupata dall'espansionismo imperiale russo, ma l'Impero inglese, vista la precedente disfatta, anziché riconquistare l'Afghanistan si limitò ad ottenere la gestione della politica estera al termine della guerra in cambio di un sostanzioso compenso economico.

La Terza guerra anglo-afghana scoppiò nel 1919 e portò alla completa indipendenza il Paese che riconquistò anche la sua politica estera con il Trattato di Rawalpindi dell'8 agosto.

Nel processo di modernizzazione dell'Afghanistan ha un ruolo chiave la Rivoluzione d'Ottobre. Essa aprì la vittoria alla Rivoluzione turca di Kemal Atatürk ed in generale favorì il processo di decolonizzazione in Asia: l'indipendenza afghana è un risultato indiretto della caduta dello zarismo. Infatti, nel 1921 salì al trono Amanollah Khan il quale avviò un difficile tentativo di portare il Paese verso la modernizzazione, avendo come modello la Turchia di Atatürk e come "tutore" politico la Russia di Lenin. Proprio a Mosca il 28 febbraio 1921 venne stipulato un Trattato in cui i due Paesi si impegnavano a lottare per la liberazione dei popoli d'Oriente dalla oppressione coloniale. Inoltre, la Russia si impegnava a restituire i territori strappati nel XIX secolo all'Afghanistan dallo zarismo, oltre che a sostenere finanziariamente e politicamente il nuovo fragile Stato.

Ma con la morte di Lenin e con la controrivoluzione staliniana, il progetto fallisce. La politica estera russa si rivolge ancora all'Afghanistan, ma in chiave espansionistica, e l'Impero britannico torna a voler poggiare il proprio artiglio sul Paese. Nel 1929 vengono spodestati Amanollah Khan e sua moglie, che si stava battendo per l'emancipazione delle donne afghane, contro l'enorme peso delle tradizioni tribali e religiose. Dal 1933 il trono fu occupato da Mohammad Zahir Shah fino a quando, il 17 luglio 1973, suo cognato fece un colpo di Stato autoproclamandosi Presidente della nuova Repubblica dell'Afghanistan.

Zahir Shah e John F. Kennedy con le mogli a New York nel 1962

Un altro colpo di Stato trasforma l'Afghanistan in Repubblica Popolare (1978); nel novembre 1987 Mohammad Najibullah forma la Repubblica Presidenziale; nel 1992 nasce lo Stato Islamico dell'Afghanistan controllato dai partiti islamici dei mujaheddin (= combattenti della Jihad); infine, nel 1996, con l'avvento dei talebani, il Paese diventa Emirato Islamico. Il potere del governo talebano è debole e non riesce a controllare l'intero territorio. Il quartier generale è a Kandahar, feudo del mullah Omar ed il sistema giuridico è basato sulla Sharia (la legge islamica). Proprio con la salita al potere dei talebani, il 27 settembre 1996, l'Afghanistan sembra sparire dal sistema delle relazioni internazionali poiché era riconosciuto solo dal Pakistan (anche se inizialmente affiancato da Emirati Arabi Uniti ed Arabia Saudita).


L'invasione del "Vietnam russo"

È negli anni Settanta che mutano gli equilibri mondiali, e proprio sul perno afghano. L'India dichiara guerra al Pakistan in favore dell'indipendenza della parte orientale del Paese (futuro Bangladesh), ed il Pakistan, timoroso di essere schiacciato ad Est dall'India e ad Ovest dall'alleata URSS, cerca di controllare l'Afghanistan onde evitare che diventi russo. L'Unione Sovietica, a sua volta, si trova stretta in una morsa: ad Ovest non aveva spazi di manovra per via della chiusura europea con la definizione del Sistema Monetario Europeo (deciso nel 1978 ed attuato l'anno dopo); ad Est si trovava bloccata per via dei nuovi rapporti con gli Stati Uniti d'America ed il Trattato sino-giapponese del '78. L'unico sbocco che aveva la politica estera russa era quindi a Sud. A Sud c'è l'Afghanistan, ed è così che alla vigilia di Natale del 1979 procede con la sua invasione. Dall'altra parte dell'Oceano, e per tutti gli anni Settanta, gli USA restavano immobili (come fecero, molto probabilmente, anche nei riguardi della guerra del Biafra), perché impantanati all'estero nella guerra del Vietnam e nella perdita di influenza sull'Iran (la Rivoluzione di Khomeini e degli ayatollah si ha nel periodo 1970-1979), ed in casa con l'impeachment di Nixon e la debolezza dell'amministrazione Carter.

Nel 1978 il principe Daud (che cinque anni prima depose Zahir Shah, suo cognato), che negli anni della sua reggenza cercò, riuscendoci, di stringere legami sia col blocco russo che con quello statunitense, avviò un riavvicinamento verso il Pakistan del dittatore Ziya ul-Haqq, mostrando così di essere pronto a spostarsi sempre più verso gli USA. Questo portò ad una crisi politica che finì con il suo assassinio ad opera del Partito Democratico Popolare dell'Afghanistan (filo-russo), il cui leader Nur Mohammad Taraki, della corrente interna Khalq, si autonominò presidente della Repubblica Popolare. Vicepresidente divenne Babrak Karmal, capo dell'altra corrente del PDPA, la Parcham.

L'anno successivo il nazionalista Taraki venne assassinato dal suo braccio destro, Hafizullah Amin. Era il 14 settembre, e dopo 104 giorni è Karmal a promuovere il contro-colpo di Stato uccidendo Amin e chiedendo supporto ai russi contro le bande di mujaheddin. È proprio allora che l'URSS decise di intervenire militarmente per riportare la regione sotto il suo controllo.

La guerra lascerà sul terreno circa 40 mila morti russi, un milione e mezzo di afghani, e qualche milione di mine anti-uomo che tutt'oggi continuano a mietere migliaia di vittime di ogni età.

Mujaheddin afghani durante il conflitto degli anni Ottanta

Pur essendo l'esercito russo organizzato militarmente, a differenza degli afghani che contavano solo su molte bande di mujaheddin, l'esito della guerra fu la sconfitta dell'invasore nel medio periodo. Le cause possono essere così riassunte:

  • territorio complicato morfologicamente, arretrato economicamente, pregno di religiosità (i russi "atei" non avevano dalla loro un'ideologia religiosa che potesse soffiare benzina sul fuoco propagandistico)
  • USA, Gran Bretagna, Pakistan ed Arabia Saudita finanziarono massicciamente i mujaheddin
  • dipendenza economica russa dal settore energetico (crollo del prezzo del petrolio dopo la crisi del '73)

Nel luglio del 1985, cinque mesi dopo essere diventato capo dell'URSS, Michail Sergeevic Gorbacëv, in un discorso a Vladivostok annunciò l'intenzione di smobilitare le truppe in Afghanistan (il ritiro cominciò nell'autunno dell'anno dopo). Ma è solo nel 1988 che vengono firmati gli accordi di Ginevra da Pakistan e Afghanistan con garanti le due superpotenze, ed è solo il 15 febbraio 1989 che l'ultimo soldato dell'Armata Rossa, il generale Boris Vsevolodovich Gromov lascia il suolo afghano.

Babrak Karmal esprimeva, agli occhi dei suoi connazionali, il dominio russo e fu per questo che nel maggio del 1986 si dimise e lasciò il posto all'ex capo del KHAD (equivalente del KGB russo), Mohammad Najibullah. Egli gestirà la fine del conflitto e cercherà anche di rafforzare il proprio potere dialogando con le altre correnti politiche del Paese, ma senza successo. Dopo il crollo dell'URSS (avvenuto tra il 1989 ed il 1991), i mujaheddin conquistarono Kabul rovesciando il governo Najibullah, il quale si rifugiò sotto la protezione dell'ONU, ma quattro anni più tardi, nel 1996, i talebani insorti a Kabul lo lapidarono e ne appesero il corpo alla vista di tutti.

L'implosione dell'Unione Sovietica e la debolezza del governo Najibullah lasciarono il campo aperto allo scontro tra le diverse etnie e formazioni politico-militari, tutte finanziate da potenze confinanti o interessate all'area geografica.