AIDS e affari delle case farmaceutiche

06/01/12

06/01/12


Aprile 2001. Trentanove aziende farmaceutiche, tra cui la Bristol-Squibb, Glaxo-SmithKline, Merck, Pfizer e Abbott, si ritirano dalla causa intentata contro il Sudafrica per violazione dei brevetti sui farmaci. Lo Stato sudafricano può continuare ad importare i farmaci anti-AIDS dai Paesi che non tutelano i brevetti sui medicinali.

I giganti del farmaco abbandonarono questa causa per non perdere d'immagine tra i consumatori occidentali, mentre il governo del Sudafrica giustificava la propria battaglia dal punto di vista ideologico, appoggiato dalle organizzazioni umanitarie internazionali, asserendo che la salute pubblica fosse più importante della difesa della proprietà intellettuale.

Al di là di ogni appello etico, il Paese era in preda ad un calo demografico, visti i venticinque milioni di contagiati in quegli anni (quasi tre quarti degli infetti totali) ed i 2.5 milioni di morti sui 3 milioni di decessi mondiali. Senza contare l'interesse del capitale ad avere lavoratori giovani adulti non ammalati. Un'altro fattore importante era il costo dei medicinali: i cocktails antivirali in grado di rallentare lo sviluppo del virus HIV costavano circa 15 mila dollari, mentre dall'India, ad esempio, si potevano importare questi kit al costo di un decimo rispetto a quelli venduti al di là del Mediterraneo e nel Nord America.


Richard Skyes, nel 2001 chairman uscente della Glaxo-SmithKline, dichiarò: "Le ditte che fanno copie generiche sono come i pirati nell'Oceano. Nel XVII e nel XVIII secolo il mondo ha combattuto la pirateria". Skyes ce l'aveva con aziende come la CIPLA, che da Bombay produceva copie dei farmaci anti-retrovirus.


"Business is business"

L'indiana CIPLA era disposta a fornire un cocktail anti-HIV all'organizzazione umanitaria internazionale Medecins sans frontieres al costo di soli 350 dollari annuali a persona, impegnandosi anche a pagare una percentuale sulle vendite, una specie di "licenza forzata" imposta dai produttori di farmaci proprietari dei brevetti.

Qualora le aziende farmaceutiche avessero accettato questa situazione, la CIPLA avrebbe potuto tranquillamente vendere questi cocktails alle organizzazioni umanitarie, ma si sarebbe inserita più facilmente nel mercato africano vendendo direttamente i prodotti a chiunque ne facesse richiesta.

Ma è anche vero che in Africa sarebbero state ben poche le persone colpite da AIDS che avrebbero potuto spendere quella cifra ogni anno: in quel continente, specialmente a Sud del Sahara, non c'era mercato, perché nei Paesi in via di sviluppo il reddito pro-capite non superava i 500 dollari l'anno ed i governi ne spendevano meno di 5 a persona nella sanità.


Brevetti: AIDS come la sifilide

Una situazione analoga a questa che ci fa capire meglio quali affari stiano dietro ai farmaci cosiddetti salvavita, è di un secolo fa. Fino all'entrata sul mercato della penicillina nel 1940, per trent'anni il primo chemioterapico efficace contro la sifilide (seppur con molti effetti collaterali) fu il Salvarsan, sintetizzato in laboratorio nel 1909 dal tedesco Paul Ehrlich e dal giapponese Sahachiro Hata.

Treponema pallidum, il batterio che causa la sifilide

I medici statunitensi erano scettici verso questo nuovo portentoso rimedio tedesco contro la sifilide provocata dal batterio Treponema pallidum. Tuttavia lo scoppio della Grande Guerra in Europa diede inizio alla conquista americana dei brevetti tedeschi. La Hoechst vendeva il Salvarsan in America attraverso l'importatore Metz Laboratories, il cui presidente era Hermann August Metz, uno dei maggiori businessman di New York, nonché politico democratico al Congresso dal 1913 al 1915. Egli aveva il saldo controllo dei prodotti Hoechst ed era uno dei lobbisti sostenitori dei brevetti tedeschi.

Ma nel 1916 il brevetto sul Salvarsan fu violato, quando il DRL (Dermatological Research Laboratories) di Philadelphia riuscì faticosamente a sintetizzarlo. Il DRL era un laboratorio non-profit fondato quattro anni prima da Jay Schamberg, importante dermatologo dell'Università della Pennsylvania, dal biochimico George Raiziss e dal patologo John Kolner, con lo scopo di studiare la psoriasi. L'attività venne avviata grazie ai soldi del finanziere di Philadelphia Peter Widener che diventò un filantropo dopo che lo stesso Schamberg gli diagnosticò la psoriasi e gli comunicò che la scienza era ancora molto acerba nel trovarne una soluzione.

Il DRL fu anche preso come modello per le aziende americane, le quali avviarono una politica di ricerca e sviluppo propria. Con la sintesi del chemioterapico anti-sifilide terminò il monopolio della Hoechst, ma cominciarono le battaglie legali sulla violazione del brevetto.


Etica ed affari

Secondo il presidente della Metz Laboratories, Schamberg era a capo di un'impresa che era non-profit solo a parole, in quanto si comportava come qualsiasi azienda che avesse scopi commerciali. Il dermatologo di Philadelphia si difendeva accusando Metz di attaccarlo per "sordidi motivi commerciali" e dichiarando che aveva sempre agito nell'interesse della salute e del Paese. Metz si difendeva a sua volta definendo il suo operato come "socialmente benefico" in quanto finanziava le ricerche scientifiche all'università.

L'entrata in guerra da parte degli USA fu il colpo di grazia di Metz e della lobby "tedesca": grazie alle pressioni del DRL al Congresso, col sostegno di importanti istituzioni scientifiche, il 19 luglio 1917 fu varato l'Adamson bill. Questo atto pose fine al monopolio del Salvarsan in quanto autorizzava lo sfruttamento dei brevetti "nemici" e il DRL fu la prima azienda a beneficiarne tramite ingenti ordinazioni militari. A fine guerra Schamberg aveva numerosi impianti produttivi e guadagni per più di 700 mila dollari, esentasse.

Nel 1922 il laboratorio dermatologico venne comprato dalla Abbott.


Scienza al soldo del capitale

A partire dalla Seconda Guerra Mondiale si è diffusa un'illimitata fiducia verso la scienza medica con l'illusoria speranza che finalmente scopra una cura per tutte le malattie, in particolare tumori e AIDS. Sul "cancro" dell'invecchiamento ci stanno già lavorando soprattutto con il marketing della cosmetica.

Dall'altro lato si è sviluppato un rancore verso l'industria farmaceutica che non solo non è riuscita a mantenere le "promesse", ma si fa troppo guidare dalle leggi di profitto del capitalismo.

È proprio questa sfiducia che ha portato negli ultimi lustri il fiorire dell'industria delle "medicine alternative", che, a dirla tutta, non sono medicine, né farmaci, né cure. Le critiche più accese, però, sono sul piano morale: certe pratiche commerciali sarebbero in contrasto con le finalità "etiche" della scienza.

Lo storico Jonathan Liebenau, nel suo Medical Science and Medical Industry, 1987, scrive che le imprese farmaceutiche non si comportano diversamente da tutte le altre, e ricorrono senza scrupoli ai mezzi tipici delle guerre commerciali, dal dumping (vendita di un prodotto a prezzo inferiore in un mercato estero rispetto a quello di origine) alla violazione delle leggi sulla proprietà intellettuale, vale a dire dei brevetti. La differenza, se mai, sta nella grandezza della pillola etica che ci propinano. In questo sistema di organizzazione sociale, l'industria scientifica non fa eccezione alla legge del profitto e gli appelli etici diventano strumenti di marketing.

Lo sanno bene le aziende italiane che fino agli anni Settanta violarono sistematicamente le protezioni brevettuali sulle molecole di importazione. Lo sapeva bene anche l'indiana CIPLA, che dieci anni fa copiava i farmaci occidentali senza pagare royalties traendo profitti in nome della salute.

Com'è finita la storia della CIPLA? Gli Stati Uniti d'America una settimana dopo gli attentati terroristici dell'11 settembre 2011 subirono un attacco bioterroristico con spore di antrace contenute in pacchi e buste postali. L'allarme fu tale che gli USA chiesero alla Bayer di rinunciare al brevetto sulla ciprofloxacina (contenuta nel farmaco Ciproxin), utile contro l'infezione da carbonchio. La rinuncia alla proprietà intellettuale avrebbe ridotto il Ciproxin a farmaco generico, permettendo all'America di importarne grandi quantità dai Paesi che ne producevano illegalmente le copie a prezzi bassissimi. L'indiana Rambaxy Laboratories era pronta al commercio verso gli USA.

Le autorità americane hanno invocato la clausola dell'emergenza sanitaria, ma i grandi gruppi hanno avvertito il rischio di un'altra breccia nel sistema internazionale dei brevetti sui farmaci. A creare il precedente, in questo caso, sarebbe stato proprio il governo di Washington che, nell'emergenza sanitaria in Sudafrica per l'epidemia da AIDS, si era battuto in difesa delle multinazionali. Alla fine, pur di non creare un pericoloso precedente, si scelse la via del compromesso e la Bayer accettò di fornire al governo americano il Ciproxin a metà del suo prezzo.

Virus dell'immunodeficienza umana, HIV

L'immagine etica che i colossi del farmaco hanno costruito intorno a sé, si ritorce contro. Un altro esempio è quello degli orphan drug: molte patologie vengono trascurate dalla ricerca scientifica in quanto poco diffuse, oppure quelle malattie che colpiscono milioni di persone, ma che sono indigenti, come la malaria. È molto meglio continuare a fare ricerca e sviluppo sugli antidepressivi o sulla nuova crema antirughe da vendere nell'opulento Occidente.

Dice bene Milena Gabanelli al termine della puntata "L'affare AIDS" di Report del 1997: "[...] negli ultimi due anni sono stati fatti progressi che hanno reso, e che stanno rendendo, migliore l’aspettativa di vita delle persone colpite dal virus. Questo è successo nonostante le porcherie. Significa che ci sono medici, specialisti e ricercatori che dedicano con onestà tutto il loro sapere a rendere migliore la qualità della nostra vita".

Su Medbunker un articolo sul presunto mistero del virus HIV.