Il Primo Maggio nel Novecento in Italia

30/04/14

30/04/14


Come abbiamo scritto in precedenza, il Primo Maggio è la giornata internazionale dei lavoratori ed è il simbolo massimo dell'emancipazione del proletariato. Abbiamo lasciato il XIX secolo con la nascita dei Fasci Siciliani dei lavoratori, i moti per il pane e i moti di Milano. Vediamo le caratteristiche più importanti di questa giornata di lotta nel secolo scorso in questo focus sull'Italia.

La lotta nel Novecento in Italia


1901 - 1913

Il primo sciopero generale nazionale scoppia nel 1904: iniziato a Milano, si propaga alle grandi città del Nord e alle zone industriali dell'Italia centrale. Sono all'avanguardia i settori di classe operaia più dotati di esperienza rivendicativa. I tipografi di molte città del Settentrione ottengono la giornata lavorativa di nove ore. La conquista si estenderà al Sud nei cinque anni seguenti.
Nel maggio del 1906 inizia un ciclo di lotte per le dieci ore che coinvolge metallurgici e tessili. La polizia provoca un morto, mentre arresta gli organizzatori di un corteo di giovani per il Primo Maggio in provincia di Bologna.
I metallurgici di Torino scioperano da maggio a luglio del 1912 chiedendo 55 ore di lavoro settimanali e il "sabato inglese" (ripreso poi da Benito Mussolini con il suo "sabato fascista").
Nell'anno successivo ci furono vari eccidi di lavoratori per mano della forza pubblica contro scioperi e manifestazioni. Nelle fabbriche automobilistiche di Milano e Torino il Primo Maggio 1913 fu una giornata di scioperi, mentre a Carrara, dopo un mese e mezzo di lotte, gli addetti ai laboratori del marmo conquistano la giornata di otto ore.


1914 - 1918

L'anno dello scoppio della Prima Guerra Mondiale vide numerosi scioperi, manifestazioni e battaglie di strada in molte città italiane in quella che viene ricordata come Settimana rossa. Il movimento, che assume in alcune circostanze il carattere insurrezionale, dimostra la grande carica rivoluzionaria del proletariato e i limiti dei suoi dirigenti.
Nonostante il divieto governativo e la rinuncia della direzione del Partito Socialista Italiano allo sciopero generale, a Torino, e soprattutto a Milano epicentro dell'agitazione interventista, il Primo Maggio 1915 decine di migliaia di operai si riversano per le strade esprimendo l'opposizione alla guerra. Ci furono manifestazioni meno sentite anche in altre città, ma nei giorni successivi le manifestazioni interventiste prendono il sopravvento.
Il Primo Maggio del 1916 ci fu la sospensione del lavoro un po' ovunque, comprese le industrie di guerra, nonostante i divieti di riunione e la censura. Numerosi gli arresti tra coloro che coraggiosamente scendono in piazza.
Dalla fine di aprile del 1917 le donne del Nord milanese sono protagoniste di una diffusa agitazione contro il caroviveri e contro la guerra. Il Primo Maggio la pubblica autorità, proibite le manifestazioni all'aperto, concede un teatro e l'intervento del solo Filippo Turati (1857-1932), che viene vivacemente contestato dai convenuti. I giorni successivi, sempre innescati dalle donne dell'hinterland milanese, i cortei raggiungono gli stabilimenti di produzione bellica che entrano in sciopero e si uniscono ai cortei. Anche in agosto una rivolta operaia nata per la mancanza di pane prende i connotati politici di moto contro la guerra. L'autorità militare interviene duramente uccidendo 50 persone e ferendone e arrestandone 200.


1919 - 1920

Nel febbraio del 1919 i metallurgici conquistano le otto ore, mentre in aprile vengono introdotte nell'industria e parzialmente in agricoltura. Nel frattempo si sviluppa una possente ondata di scioperi nelle fabbriche che farà del 1919-1920, detto il Biennio rosso, il momento di più alta tensione rivoluzionaria del proletariato italiano. Il movimento sul piano economico ottiene notevoli risultati come le otto ore lavorative e aumenti salariali, ma mancano una direzione e uno sbocco rivoluzionari. A giugno scoppiano i moti per il carovita che da La Spezia si propagano in tutta Italia con spinte insurrezionali e fraternizzazioni fra dimostranti e truppe. In molte località i poteri si trasferiscono alle Camere del Lavoro e sorgono i Consigli operai. Da maggio ad agosto ci fu una lunga lotta dei minatori per ottenere le sei ore di lavoro giornaliere e aumenti salariali. Avvengono anche scioperi di solidarietà con la Russia sovietica.

Tessera sindacale di partecipazione allo sciopero dei ferrovieri nel 1920

All'inizio del 1920, a seguito di un duro sciopero, i ferrovieri conquistano le otto ore e il diritto di associazione. In primavera si ha un vasto movimento di operai agricoli nella valle del Po, mentre in aprile ci fu l'importante sciopero "delle lancette" a Torino. In questa città, il Primo Maggio, si spara su un corte operaio con un bilancio di due morti e 50 feriti. In estate il movimento si allarga nella metallurgia, nella meccanica, nei cantieri, nei marittimi e traversa tutta l'Italia. Questo porta all'occupazione delle fabbriche che si concluderà con un accordo sui salari e "controllo sindacale", mentre i tempi e gli interessi di classe imporrebbero la conquista rivoluzionaria del potere. La mancanza di una direzione rivoluzionaria del movimento di classe favorisce l'offensiva del capitale che, approfittando del profilarsi della depressione industriale, si muove sul terreno economico con licenziamenti, serrate, riduzione dei salari, allungamento della giornata lavorativa, e sul terreno politico con il terrorismo fascista e con l'uso dell'apparato militare e dei tribunali.


1921 - 1932

Con il pretesto della crisi tutto il padronato, con la FIAT in testa, interviene sugli orari di lavoro, decurta i salari e rivede, peggiorandoli, i precedenti accordi.
Due anni dopo, nel 1923, il governo Mussolini abolisce la celebrazione del Primo Maggio e in questo giorno vieta ogni manifestazione. Impone il 21 aprile, preteso giorno della nascita di Roma, come festa nazionale del lavoro. Tuttavia, il Primo Maggio vede accendersi grandi scioperi metallurgici, edili e tipografici. In marzo il governo fascista sancisce, demagogicamente, il principio delle otto ore, lasciando che sia la pratica a rimetterlo ovunque in discussione.
Il Primo Maggio del 1926 scioperano le operaie di una filanda in provincia di Alessandira contro i bassi salari.
L'anno successivo, in ricordo della giornata internazionale del lavoro, un gruppo di ferrovieri organizza un gesto di protesta tagliando i fili telegrafici e danneggiando la rete telefonica allo scalo ferroviario milanese di Porta Genova - San Cristoforo.
In occasione del Primo Maggio 1930 vengono organizzate celebrazioni in varie città con astensioni dal lavoro, brevi comizi davanti alle fabbriche, scritte sui muri, distribuzione di volantini ed esposizione di bandiere rosse.


1933 - 1945

Nell'anno zero del Terzo Reich, in Italia si stabilisce con decreto l'orario giornaliero di otto ore, 48 settimanali, nelle imprese a partecipazione statale.
Il 1935 è l'anno dell'istituzione del "sabato fascista", che consisteva in mezza giornata di festa, ma da dedicare all'addestramento militare.
Il Primo Maggio 1944 ci furono astensioni dal lavoro a Genova, Omegna, Pavia, Pesaro, Torino, Vercelli, Vicenza.


1946 - 1969

Durante il governo di coalizione, in aprile un decreto dichiara il 25 aprile "Festa nazionale", mentre si stabilisce che il Primo Maggio, "Festa del lavoro", sia giorno festivo a tutti gli effetti civili unitamente all'8 maggio, anniversario della "Vittoria" in Europa. Per questi giorni si prevede che sia pagata ai lavoratori la retribuzione giornaliera, e doppia nel caso in cui prestino lavoro. In Italia il Primo Maggio, giornata internazionale di lotta dei lavoratori, viene così deformato in "festa" e, per di più, marchiato con la bandiera nazionale.
L'anno seguente durante un comizio sindacale in occasione del Primo Maggio, a Portella della Ginestra (Palermo), la banda di Salvatore Giuliano, molto probabilmente con mafiosi locali e Servizi Segreti neofascisti come mandanti, spara sui lavoratori uccidendone 8 sul colpo e provocando decine di feriti (di cui tre morirono più tardi).

La strage di Portella della Ginestra dipinta nel 1957 da Renato Guttuso (1912-1987)

Nel 1969 si sviluppa in Italia un ciclo di intense ed estese lotte rivendicative con un significativo livello di combattività e spontaneità operaia. Il partito non parlamentare Lotta Comunista, a proposito dell'orario di lavoro, propone una richiesta generalizzata a 40 ore settimanali per operai e impiegati, in ogni settore produttivo.
Bisognerà attendere il 1997 per vedere una legge (la n. 196) che fissa l'orario "normale" di lavoro a 40 ore settimanali, mentre una direttiva del 1993 emanata dal Consiglio dell'Unione Europea scriveva che "la durata media dell'orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario".