Ruota idraulica e motore ad acqua

01/12/12

01/12/12


Il passaggio dalla ruota idraulica alla macchina a vapore e dall'energia idrica ai combustibili fossili fu un lungo processo: i tempi delle rivoluzioni scientifiche e tecnologiche trascendono quelli della vita di un individuo e si misurano in secoli.

Nel secondo decennio del XXI secolo viviamo ancora nell'era dei combustibili fossili e della scienza del calore, la termodinamica.


Una lenta transizione

Nell'età delle manifatture del XVII e XVIII secolo le forme di energia dominanti erano l'idrica e l'eolica, l'energia animale e quella umana. La prima macchina atmosferica di Newcomen è del 1712, la macchina a vapore di Watt è del 1759; nel 1800 in Cornovaglia si costruirono le macchine a vapore ad alta pressione, nel 1824 Sadi Carnot fondò la scienza termodinamica, nel 1840-1850 Clapeyron, Kelvin e Clausius approfondirono e diffusero le idee di Sadi Carnot; nella seconda metà del XIX secolo il carbone divenne la forma energetica dominante nel mondo occidentale.


Ancora nel 1850, in Inghilterra, un terzo della manifattura della lana e un ottavo della manifattura del cotone utilizzavano energia idrica. Negli USA, nel 1800, il 95 % dell'energia necessaria al funzionamento della società era fornita da persone e animali, il 3 % da ruote idrauliche e mulini a vento, il 2 % dalla macchina a vapore; nel 1850 la quota dell'energia animale e umana era scesa all'84 %, le ruote idrauliche e i mulini a vento erano saliti al 3.5 %, il vapore al 12.5 %. Nel 1900 l'energia animale e umana era scesa al 61 %, il vapore era salito al 34 %, l'energia idrica ed eolica era il 5 %.


La scienza dei fluidi

Friedrich Engels ne La dialettica della natura (1883) osserva che Evangelista Torricelli (1608-1647), allievo di Galileo (1564-1642), "studia per la prima volta, il movimento dei fluidi, in connessione con costruzioni idrauliche industriali". Nel XVIII secolo lungo i corsi d'acqua, in collina o nelle valli, le ruote idrauliche azionavano le manifatture metallurgiche, tessili, dell'industria del legno e della carta. Nel 1769, negli stessi anni in cui James Watt trasformò la macchina atmosferica di Newcomen in macchina a vapore, l'inglese Richard Arkwright (1732-1792) inventò il filatoio automatico mosso dalla forza dell'acqua.

La nuova invenzione diede un notevole impulso all'industria tessile: l'abile lavoro manuale di filatura svolto tra le mura domestiche o nei piccoli laboratori artigianali, in prevalenza dalle donne, venne meccanizzato e trasferito in manifatture mosse da ruote idrauliche. Con la formazione della fabbrica, nuovo luogo di produzione alternativo alla produzione domestica, si creò una domanda di potenza. Lo sviluppo della produzione industriale obbligò la scienza ad abbassare gli occhi dallo studio degli astri in cielo, necessario alla navigazione e al calendario, a quello delle macchine sulla terra. L'abile mestiere degli artigiani costruttori di mulini ad acqua si rivelò insufficiente: un più "efficiente" uso dell'acqua richiedeva uno studio scientifico e l'applicazione della matematica alla dinamica dei fluidi.

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I due tipi principali di mulino ad acqua:
overshot, con alimentazione idrica dall'alto
undershot, con la ruota idraulica immersa in un corso d'acqua

Nel 1704 il matematico francese Antoine Parent (1666-1716) tentò di calcolare la condizione per avere il massimo di potenza di un getto d'acqua. Si pose la domanda: se in una fontana la potenza totale del getto diretto verso l'alto è uguale al peso dell'acqua moltiplicato per l'altezza del getto, qual è la quantità d'acqua che si può sollevare se il getto invece di salire, colpisce le pale del mulino? Nel suo testo Sur la plus grande perfection des machines (1702) calcolò l'"efficienza" di una ruota idraulica undershot in 4/27 del dislivello del flusso d'acqua discendente. La domanda era giusta ma la risposta sbagliata, perché Parent, pur essendo un matematico, basò l'ipotesi sulla comune esperienza che più forte fosse stato il getto che urtava la pala, maggiore sarebbe stata la potenza ottenuta.

L'ingegnere inglese John Smeaton (1724-1792) calcolò l'"efficienza" in 1/3 per i mulini undershot e in 2/3 per quelli overshot. Al di là della loro precisione, i calcoli empirici di Parent e Smeaton furono un grande risultato per la storia della scienza e della tecnologia: finalmente si era posta la domanda giusta, come sfruttare al massimo il dislivello di un corso d'acqua.


L'"efficienza" di una ruota idraulica

Alla fine del XVIII secolo l'espansione dell'industria tessile inglese e francese poneva seri problemi di scarsità energetica: l'acqua era una fonte scarsa, e bisognava utilizzarla al meglio.

Già Galileo aveva capito che in una macchina perfetta senza attriti non c'era perdita di forza: in questo caso lo sforzo fatto era eguale all'effetto ottenuto. Galileo pensò che una data quantità d'acqua che scorre in un fiume, se deviata dolcemente per fare una fontana, in assenza di attrito raggiunge l'altezza dalla quale cade. Fu un'idea base del XVIII secolo e dei primi anni del successivo quella di cercare di quantificare la forza e la potenza per misurare l'"efficienza" (il concetto attuale di rendimento) di una macchina. Ci vollero due secoli prima che i concetti di forza, lavoro, potenza, energia e rendimento assumessero un significato scientifico preciso: qui utilizziamo i termini non nel loro significato scientifico attuale, ma in quello degli scienziati e ingegneri del periodo, nel tentativo di afferrare il loro processo mentale.

Merito di Smeaton fu di andare oltre Parent e contro la percezione del senso comune: vide che la turbolenza prodotta dal getto d'acqua che urtava la pala del mulino non era la causa del moto ma uno "spreco di potenza", e raccomandò ruote idrauliche alimentate nella parte superiore, dove era il peso dell'acqua e non l'impatto a dare il movimento.

Alla geniale intuizione inglese venne in aiuto, come spesso è avvenuto nella storia della scienza, la matematica francese. Furono l'ammiraglio e matematico Chevalier de Borda (1733-1799) e il militare e fisico-matematico Lazare Carnot (1753-1823) a calcolare le condizioni ottimali dell'utilizzo della ruota idraulica. I due francesi, in modo distinto, calcolarono che per avere il massimo di potenza utile l'acqua doveva entrare nella ruota senza turbolenze e uscire con una velocità vicina allo zero. Inoltre, nel caso ideale di una ruota idraulica perfetta (cioè senza attriti), se il dislivello dell'acqua in caduta era ad esempio di tre metri, con una pompa perfetta mossa dalla stessa ruota si poteva riportare un peso corrispondente di acqua a tre metri: il rapporto tra le due altezze poteva essere al massimo di 1:1. Fu una scoperta teorica importante perché fissava l'esistenza di un limite insuperabile nell'utilizzo della potenza idrica: era il dislivello dal quale l'acqua cadeva.


Motori ad acqua

Chevalier de Borda e Lazare Carnot avevano fissato i principi scientifici per costruire le ruote idrauliche: come abbiamo scritto, l'acqua doveva entrare nella ruota senza provocare turbolenze e doveva uscire con una velocità prossima allo zero; inoltre la caduta dell'acqua da una certa altezza avrebbe potuto fornire una potenza utile massima, in assenza di perdite, eguale all'altezza della cascata stessa. La tecnologia idraulica dei secoli precedenti aveva posto alla scienza domande e fornito materiale empirico su cui lavorare. Ora la scienza forniva principi sintetici semplici sui quali gli ingegneri potevano lavorare: dare forme particolari alle pale per evitare turbolenze, che erano "sprechi di potenza", e aumentare il diametro della ruota.

Si pose un altro problema: se la tecnologia riusciva a costruire ruote con un diametro massimo di venti metri, come sfruttare salti d'acqua di cinquanta o anche cento metri? La tecnologia della macchina a vapore fornì una soluzione: il motore ad acqua. Invece di utilizzare ruote idrauliche si pensò di costruire motori simili alle macchine a vapore, con cilindri, pistoni, bielle e manovelle; a differenza della macchina a vapore, il pistone del cilindro sarebbe stato mosso dalla pressione di una colonna d'acqua alta anche cento metri, incanalata in un tubo.

Esempio di funzionamento di un motore ad acqua di inizi '800
L'acqua arriva dal bacino di provenienza al tubo D tramite un altro tubo; entra ed esce dal cilindro A (in cui è contenuto un pistone), passando dalle valvole C della colonna centrale mosse dal pistone del cilindro B
La pressione dell'acqua fa muovere il pistone A e genera potenza, dopodiché esce dal tubo di scarico E. Gli altri meccanismi e tubi (K) servono ad equilibrare le pressioni dell'acqua e a connettere le varie parti del motore

La fertilizzazione incrociata tra la scienza idrodinamica e la tecnologia della macchina a vapore generò un motore "ibrido", in grado di competere ancora per decenni con la macchina a vapore. Attorno alla metà dell'Ottocento le ruote idrauliche e i motori ad acqua raggiunsero una potenza di 100 mila Watt, corrispondente a quella dei motori a vapore dello stesso periodo. Fu solo nei cinquant'anni seguenti che la macchina a vapore si affermò come macchina più potente, raggiungendo anche i 10 milioni di Watt.

Nella seconda metà del XIX secolo l'età dell'energia idrica come forma principale di energia era finita.